La nevrosi d’ansia insorge generalmente in età giovanile (dai 17 ai 35 anni), è più frequente nelle donne ed ha un’alta familiarità. Le cause di questa nevrosi, oltre alle alterazioni genetiche, sono una meiopragia (diminuzione dell’attività funzionale e delle capacità reattive di un organo) – o ipoattività del sistema nervoso- e l’intervento di fattori psicologici e sociali che possono predisporre ai disturbi d’ansia.

La nevrosi d’ansia ha un’evoluzione molto variabile, in alcuni casi si ha un sensibile miglioramento o addirittura la guarigione spontanea; più spesso tende a diventare cronica, e si esprime con sentimenti di insicurezza, timore, dubbio, e si traduce nell’incapacità di prendere qualsiasi decisione.

La complicanza più temibile ed anche abbastanza frequente è l’evoluzione verso forme nevrotiche più stabili e strutturate, attraverso l’attivazione dei meccanismi di difesa dell’io che permettano di contenere la tensione interiore. La nevrosi d’ansia può trasformarsi così in una nevrosi fobica, ossessiva o isterica.

Un’altra possibilità è l’insorgere di una malattia psicosomatica, per cui l’ansioso diventa un asmatico, un ulceroso o un iperteso, e l’angoscia generalmente si attenua, come se le scariche ansiose non controllate venissero per così dire drenate dal sintomo somatico.

In ogni caso di nevrosi d’ansia, è assolutamente necessario attuare un trattamento psicoterapeutico e/o farmacologico, tempestivo che, in un buon numero di soggetti, consente di ottenere la guarigione o un sensibile miglioramento, e comunque, costituisce un importante trattamento di prevenzione nei confronti delle possibili complicanze.

L’ansia è la diretta conseguenza del conflitto fra le pulsioni profonde dell’Es e le istanze inibitorie del super-io; ha quindi la funzione di segnalare all’io le necessità di esigere difese psicologiche.

Il primo meccanismo di difesa a cui ricorrere è la rimozione che consente nel respingere e mantenere a livello inconscio le pulsioni pericolose, ovvero vengono respinti i pensieri e sentimenti fonte di ansia, e determina, se efficace, un ritorno all’equilibrio psichico senza la formazione di sintomi. Se la rimozione non risulta del tutto efficace, l’io ricorre ad ulteriori difese quali la conversione (in cui il conflitto psichico viene trasformato in sintomi motori – paralisi, per esempio – o sensoriali – dolori localizzati, formicolii, anestesie), che determina una riduzione dell’ansia e la formazione dei sintomi caratteristici delle relative nevrosi (isterica, fobica, ecc.).

La nevrosi d’ansia si verifica in una situazione intermedia fra le due precedenti: la rimozione non funziona ma non vengono messi in atto altri meccanismi di difesa, per cui l’ansia diviene molto intensa, superando il livello proprio della sua funzione di segnale, ed emerge come unico sintomo.

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Psicologo Bologna