Sempre più persone oggi vivono l’esperienza dell’attacco di panico.
Pochi secondi o qualche minuto in cui il corpo e la mente sono sconvolti dall’incontro improvviso con paure profonde: la malattia, la morte, la follia, e spesso poi la “paura della paura” che congela la vita quotidiana, rendendo impossibili anche le attività più semplici.
Un attacco di panico è un episodio breve ed intenso in cui si sperimenta un’ansia acuta, che nasce improvvisamente e che comporta sintomi fisici e vissuti psicologici di paura e impotenza. La sua esperienza è stressante fisicamente e mentalmente tanto che poi gli effetti psicofisici lasciano i soggetti stanchi, scoraggiati e confusi.
Durante un attacco di panico, il corpo è investito da alcuni sintomi, tra cui quelli più frequentemente riportati sono:
difficoltà respiratoria, definita dispnea, con sensazione di soffocamento;
tachicardia o palpitazioni, spesso associati a dolori al torace;
aumento della sudorazione oppure brividi, legati a repentini cambiamenti della temperatura corporea e della pressione;
rossore al viso e talvolta all’area del petto;
capogiri, stordimento, debolezza, nausea;
parestesie, comunemente rappresentate da formicolii o intorpidimenti nelle aree delle mani, dei piedi e del viso.
Inoltre, le persone che affrontano un attacco di panico riferiscono degli stati psicologici tipici che comprendono:
sensazione di non essere parte della realtà o di essere osservatore esterno del proprio corpo e dei propri processi mentali;
presentimento che stia per avvenire qualcosa di terribile associato ad una sensazione di impotenza nel gestirlo;
paura di perdere il controllo o di impazzire;
paura o convinzione di essere vicini alla morte, crisi di pianto;
sensazione di rivivere qualcosa di già provato (deja-vù).
Alcune persone sperimentano attacchi di panico occasionali, ossia reazioni di ansia acute a periodi di stress che tendono a non ripresentarsi se ci si allontana dagli stimoli stressogeni e se le condizioni personali e ambientali sono ancora tali da favorire il superamento veloce e completo della situazione che li ha scatenati.
Tuttavia ciò che spesso si innesca dopo il primo episodio è una paura persistente di avere un nuovo attacco di panico, una trappola che può finire per incatenare la persona, che arriva a autoindagare ogni suo minimo segnale fisico.
La preoccupazione di star male influenza pensieri, emozioni e comportamenti, portando a chiudersi in sè modificando il proprio stile di vita, per proteggersi dalla sofferenza.
Evitare le situazioni considerate “a rischio”, dove si è già sperimentato il malessere o si immagina di star male senza poter ricevere aiuto, porta velocemente ad evitare di frequentare luoghi diversi, condizionando la persona che ne soffre che, a sua volta, tenderà a sentirsi non compresa, e lasciata sola con il proprio malessere. Anche i rapporti di coppia possono essere gravemente compromessi dal disturbo di panico e in alcuni casi si genera una tale dipendenza dal partner che si rischia di soffocare, di rendere eccessive le richieste creando sensazioni di impotenza o diffidenza nell’altro.
È estremamente importante che il problema venga affrontato in un percorso di sostegno psicologico adeguato dove, rielaborando il proprio vissuto, questo non si cristallizzi e non si ripresenti, diventando uno sgradevole “compagno di vita”. Capita infatti che, senza un percorso di sostegno adatto, l’attacco di panico possa ripresentarsi e acquisire una frequenza media plurisettimanale o, in casi peggiori, presentarsi anche più volte al giorno.
Il percorso di sostegno psicologico è rivolto a stabilire i processi che mantengono i sintomi e soprattutto a capire cosa può aggravarli, ovvero quali pensieri, azioni, comportamenti propri e degli altri stanno alla base del mantenimento del disturbo nel qui-e-ora. L‘intervento per questo è teso alla rottura del loop disfunzionale che sostiene il sintomo a livello psico-sociale.
Per superare questo disturbo è necessario prendere consapevolezza della natura benigna del problema, che spesso scaturisce da una reazione naturale a fattori di stress e sovraccarico. Per questo è importante imparare a collegare i sintomi ai fattori scatenanti, per acquisire un buon controllo delle crisi.
La disponibilità a mettersi in gioco favorendo risposte comportamentali più adattive alle situazioni ansiogene è una delle caratteristiche che può favorire il successo in un percorso di guarigione ed è per questo fondamentale ad esempio cambiare il proprio stile di vita, eliminando ciò che può aumentare il rischio di attacchi di panico come l’alimentazione, l’attività fisica e la protezione della sfera psichica.
È importante imparare a riconoscere e distinguere le sensazioni fisiche sperimentate, al fine di ridurre la tendenza a rispondere sempre con ansia a minimi segnali fisici, imparare anche tecniche specifiche per gestire l’ansia, come il Training Autogeno, il rilassamento respiratorio e tecniche di pensiero positivo che servono a migliorare l’atteggiamento verso sensazioni corporee, eventi esterni e verso se stessi.
La frequenza delle sedute è variabile e soltanto le prime di valutazione sono a cadenza settimanale. Questo perché la persona deve vivere nel proprio contesto e risolvere i sintomi all’interno dello stesso senza diventare dipendente dal trattamento psicologico.