Per quanto riguarda i suoi modi positivi, il prendersi cura presenta due possibilità estreme. Esso può in un certo senso sottrarre all’altro la “cura” e, nel pro-curare, saltar dentro al suo posto e in suo favore. Questo prendersi cura si incarica di pro-curare la bisogna per l’altro. Questi viene così spinto via dal suo posto, messo da parte, per poi rilevare a cose fatte il pro-curato e disporne come di cosa già pronta, risparmiandosene la fatica. Di un tale prendersi cura, che salta dentro la vita altrui e le toglie la “cura”, determina in larga misura l’esser-‘l’uno con l’altro’ e consiste per lo più nel pro-curare l’ente alla mano.
Sussiste la possibilità opposta: quella di prendersi cura che non salta dentro, quanto piuttosto avanti, rispetto al poter essere esistentivo altrui, non per sottrargli la “cura” ma, anzi, proprio per restituirgliela in quanto tale e per davvero. Questo prendersi cura, che riguarda essenzialmente l’autentica cura (cioè l’esistenza) dell’altro e non un che-cosa, che esso pro-curi, aiuta l’altro a diventare, nella sua cura, perspicuo a se stesso e libero per essa.

(Martin Heidegger, Essere e tempo, par. 26)