Psicologia e Musica con le note si può migliorare le capacità del cervello di recuperare abilità perdute
Nel mondo sciamanico, il suono – sia esso canto o parola – è una delle armi a disposizione del guaritore-sacerdote fino dall’alba dell’uomo. E miti come quello di Orfeo e della sua lira hanno trasmesso l’idea della sacralità della vibrazione sonora e del suo potere terapeutico.
Oggi le neuroscienze svelano i circuiti e le aree cerebrali coinvolte durante un’esperienza musicale. Una serie molto nutrita di studi scientifici suggerisce che ritmo, melodia e armonia possono avere effetti benefici e alleviare i sintomi di malattie come il Parkinson e l’Alzheimer, le disabilità motorie, i disturbi dell’apprendimento, il ritardo mentale e la sordità infantile.
«La musica può agire sulle capacità residuali di pazienti geriatrici che hanno perso autonomia e quindi presentano disturbi di tipo cognitivo, o motorio o comportamentale», spiega il maestro Carlo Alberto Boni, musicoterapeuta dell’Helvetic Music Institute di Bellinzona (Svizzera) che assieme al professor Marcello Cesa-Bianchi, fondatore della scuola di Psicologia dell’Università degli Studi di Milano, e a Paolo Cattaneo, direttore didattico dell’Helvetic Music Institute e docente a contratto dell’Università degli Studi di Milano, ha organizzato il congresso «Musicoterapia e Relazione: interventi riabilitativi in ambito psichiatrico e geriatrico».
La musica è adatta a tutte le forme di patologia psichiatrica
L’idea di fondo è che l’attività del musicoterapeuta deve svolgersi sempre in stretta e continua collaborazione con la componente medica e psicologica. «Uno degli insegnamenti fondamentali nella riabilitazione psichiatrica, iniziato nel 1990 sotto altre forme, è stato proprio la musicoterapia. Possiamo usare la musica in tutte le forme di patologia psichiatrica, salvo che qualcuno non ne sia infastidito», ricorda la professoressa Luisa Lopez, docente di Terapia della Riabilitazione Neuropsicomotoria all’Università Tor Vergata di Roma. Oltre che in altre parti d’Italia, sono stati realizzati o sono in corso progetti pluriennali in più di 30 strutture geriatriche e psichiatriche, in collaborazione con la Regione Lombardia, la Asl di Como, l’ospedale San Carlo Borromeo di Milano e l’Ufficio Anziani del Canton Ticino. «La musicoterapia è una delle attività espressive del programma riabilitativo per i nostri pazienti – aggiunge Giuliana Tognola, responsabile dell’Unità operativa semplice “Semi-residenzialità” del Dipartimento di Salute Mentale dell’Ospedale San Carlo – . Nei giovani con problematiche psicologiche è anche un veicolo di aggregazione tra pari e infatti abbiamo dedicato gruppi di musicoterapia in particolare a loro».
Il sistema nervoso rilascia sostanze che portano benefici
Durante l’esperienza musicoterapica, il sistema nervoso si attiva e determina effetti a livello cognitivo, il rilascio di endorfine (riducono la percezione del dolore), di serotonina (determina il miglioramento dell’umore), di dopamina (migliora l’attività motoria), la produzione di immunoglobulina A (potenzia le difese immunitarie) e la vitalizzazione del sistema neurovegetativo. «Musica e movimento sono naturalmente correlati: a tutti viene spontaneo battere il tempo con il piede durante l’ascolto di una musica e questa attitudine è alla base di comportamenti complessi regolati dalla musica stessa, come marciare a tempo o danzare», ribadisce il neurologo Giuliano Avanzini, primario emerito dell’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano. Proprio la stimolazione ritmica è alla base della riabilitazione musicale dei pazienti con Parkinson: la sincronizzazione dei passi con il ritmo giusto migliora la loro deambulazione. Suonare il pianoforte, invece, può facilitare la riabilitazione in pazienti colpiti da ictus.
Fonte: http://www.corriere.it/salute