Il dottor Giuseppe Tissi, responsabile del Centro psico-sociale dell’Ospedale Sacco e tra i promotori dell’Incontro "Sentire le voci, far sentire la propria" a Milano; ed invita tutti coloro che temono di essere considerati "matti", a uscire allo scoperto: «Gli studi raccolti dal professor Marius Romme, docente presso l’Università di Maastricht, condotti su 15mila persone hanno evidenziato che una percentuale compresa tra il 2 e il 4% della popolazione è colpita da questo fenomeno. In particolare, questa percentuale è composta per due terzi da persone senza alcuna patologia psichiatrica. Portando i risultati di questi studi alla popolazione lombarda, si ottiene un numero intorno alle 270mila unità. Persone sane che hanno almeno una volta nella loro vita "sentito le voci". L’esperienza clinica degli psichiatri rimane all’oscuro di questi uditori che sono in numero maggiore di quelli a cui le voci provocano sofferenza».
Chi ha provato l’esperienza dell’allucinazione uditiva a volte dunque lo nasconde anche alle persone più vicine. «Ma è un atteggiamento errato. In questi casi, la paura di trasformare il proprio status in "paziente" può condurre a una vita interiormente isolata. E’ necessario anche far cadere dei tabù: si possono "sentire le voci" e avere una vita del tutto soddisfacente. In alcuni casi cercare di eliminare le allucinazioni può addirittura risultare dannoso».
Le "voci" infatti non sono sempre negative e tantomeno spaventose: spesso si tratta di invasioni gradevoli con cui è possibile stabilire una sorta di relazione che produce effetti positivi: «Alcuni le vivono come una compagnia e si sentono sole se le perdono. È decisivo non sentirsi sovrastati dalle proprie allucinazioni. Quando si riesce a non avvertirle più come un problema si smette di venirne condizionati». Nel 70% dei casi la causa è di origine traumatica, un evento particolarmente stressante a livello emotivo: una violenza sessuale, un’aggressione, una catastrofe naturale, un lutto. «È molto importante, individuare questo trauma. Rimane sepolto nella memoria della persona ed è apparentemente inaccessibile: di fronte a domande superficiali non emerge, lasciando l’impressione errata che le voci non abbiano relazione con gli eventi di vita. L’impatto delle nostre esperienze sulla psiche è assolutamente soggettivo». Quando le voci sono sgradevoli, minacciose, svalutanti, danno ordini, diventano un problema. Anche in questi casi è importante un lavoro di ricerca del motivo che le ha originate, lavoro che spesso l’auditore può fare in un gruppo di auto e mutuo aiuto con persone che condividono questo problema, o con un professionista.
Il direttore generale dell’Ospedale Sacco Alberto Scanni sottolinea «L’incontro deve contribuire a creare una maggiore consapevolezza e a rasserenare gli "uditori nascosti". Anche le persone che sentono invece voci negative devono sapere che la sensazione di "invasione" che provano può essere limitata ed eliminata con l’aiuto di professionisti con quali riconoscere l’origine delle proprie emozioni e accettare se stessi e la propria situazione».
Fonte: Corriere.it