«L’alcol è un sintomo di malessere. Come la droga. Questo lo abbiamo sempre saputo. Ma continuiamo a non capire quali sono i problemi di crescita dei nostri adolescenti e dei bambini». Non è una dichiarazione di resa quella di Enrico Tempesta, psichiatra, coordinatore scientifico dell’Osservatorio permanente su giovani e alcol. Anzi. Dietro questa presa di coscienza, supportata dai dati dall’indagine svolta in collaborazione con Doxa, presentata giovedì 4 dicembre a Roma, c’è la decisa volontà di intervenire alle radici. Partendo dalla famiglia. Perché è in casa, nei genitori, che i figli cercano sostegno, risposte e fiducia. Ed è questo uno degli aspetti messi in chiaro dalla ricerca.
I RISULTATI DELL’OSSERVATORIO – I nostri ragazzi cercano severità, da famiglia e società. Il 46% dei giovani tra 16 e 21 anni intervistati assieme a 623 tra mamme e papà propongono di aumentare i controlli della polizia sulle strade e vicino le discoteche, come forma di prevenzione degli incidenti stradali legati all’abuso di alcol. Il 45% chiedono pene più severe per chi si mette al volante in stato di ubriachezza. E poi le risposte dei genitori. Il 95% circa si dicono informati di come i figli trascorrono il tempo libero e riferiscono di parlare spesso con loro dei pericoli legati al consumo di alcol (69%). Un risultato che stride con quanto raccontano i ragazzi: il 70% ritengono di comportarsi secondo i modelli recepiti in casa, altrettanti si dicono d’accordo con i genitori a proposito di consumo di alcol, il 26% sostengono che padri e madri debbano dare raccomandazioni (che però non servono, a loro giudizio), il 4,6% non accettano prediche. Per quanto riguarda la fonte di informazione ritenuta più affidabile, per il 60% dei giovani sono quelle assorbite in famiglia, per il 48% da un amico fidato, per il 42% dal medico di famiglia, per il 36% dal fidanzato, solo il 25% dalla scuola. Ed è proprio sull’ultimo dato sul ruolo delle istituzioni che i tecnici dell’Osservatorio invitano a riflettere e ragionare per pianificare diversi piani di intervento. Secondo Tempesta <campagne educazionali e spot in televisione non hanno incisività. Occorre invece aiutare i genitori a interpretare il ruolo di guida. Devono recuperare un atteggiamento di autorevolezza. I figli devono sentirli solidamente al loro fianco nel processo di crescita. Non significa un eccesso di protezione e proibizione che possono risultare deleteri. Il rischio va sperimentato per comprendere, in seguito, che va evitato».
IL GENITORE AMICO NON FUNZIONA PIÙ – Insomma, secondo lo psichiatra l’impostazione del genitore amico non ripaga più. Madre e padre devono recuperare severità e autorevolezza. Solo così conquisteranno la fiducia degli adolescenti. Tradotto nella realtà di tutti i giorni, ecco alcune linee di comportamento da mantenere con i figli. Innanzitutto, attenzione ai loro cambiamenti, all’anormalità. Se li vediamo diversi non dobbiamo temere di chiedere, bisogna anzi pretendere risposte e dialogo. A tavola poi diamo il buon esempio avviando i bambini fin da piccoli ad un rapporto corretto con l’alcol, inteso come integratore aggiuntivodei pasti. A proposito della collaborazione dei servizi pubblici, Tempesta ritiene sia indispensabile individuare le figure di operatori che possano prendersi in carico i ragazzi diventati prigionieri del binge drinking, delle ubriacature del fine settimana. Non esistono nel nostro sistema dei circuiti di assistenza in cui i giovani possano essere inseriti.
Fonte: Corriere della sera.it