Secondo Paul Watzlawick, uno dei maggiori esponenti della Scuola di Palo Alto, California, ogni individuo deve solo scegliere se comunicare in modo casuale e subire tale ineluttabilità, oppure comunicare strategicamente e gestire ogni aspetto della comunicazione, ma in entrambi i casi, e nella vita di tutti i giorni, è "Impossibile non comunicare" (Watzlawick et al. 1971) dato che tutto il comportamento è comunicazione.
La comunicazione consiste nell’interazione tra due o più elementi che svolgono un ruolo attivo all’interno della relazione stessa. Le teorie della comunicazione cercano di spiegare le origini dei significati che costituiscono la cultura umana, tentano di delineare i canali attraverso i quali vengono diffusi tali significati, cercano di individuare come la creazione e la condivisione dei significati configurino l’essere in società. La comunicazione è quindi lo strumento principale di relazione che l’uomo ha a disposizione per creare e mantenere l’interazione con i suoi simili. Comunicando, infatti, è possibile esporre i propri sentimenti e le idee, apprendere quelle degli altri, discutere, cercare, quindi, una mediazione e dare un senso comune alla convivenza.
Il termine "comunicare" indica il significato relazionale di ogni forma di comunicazione, che non vuol dire solo trasmettere delle informazioni, dei contenuti, ma stabilire anche la qualità delle relazioni che legano gli uni agli altri. Il comportamento sociale e le relazioni che si instaurano tra gli individui, ruotano intorno alle reciproche aspettative che ogni interlocutore nutre nei confronti dell’altro e ai significati che attribuisce all’insieme di eventi che si trovano alla base del rapporto e intorno ai quali si costruisce il rapporto stesso. Parlare di comunicazione vuol dire dunque andare oltre il modello lineare per cui esiste un emittente, un ricevente ed un messaggio che viene trasmesso dall’uno all’altro; significa piuttosto introdurre strategie attraverso cui il soggetto legge ed interpreta gli stimoli esterni, codifica e decodifica il messaggio. Ogni comunicazione comporta, quindi, una serie di azioni e di reazioni tra i partecipanti e tra essi e l’ambiente esterno, tali da produrre un cambiamento, relativo alle credenze, agli atteggiamenti e alle opinioni. Ogni individuo vive in stretta relazione con l’ambiente che lo circonda e ciò fa di lui un sistema aperto. Pertanto, l’interazione continua con l’ambiente, rende un insieme inscindibile individuo e contesto, una totalità che non equivale alla semplice somma delle sue parti e che non può essere definita come l’incontro di due realtà “ermeticamente chiuse”. La conseguenza della stretta interdipendenza che ne deriva, è che, se si ottiene un cambiamento anche minimo in qualsiasi punto del sistema, si avranno ripercussioni sull’intera organizzazione uomo-ambiente.
Persone diverse possono percepire ed interpretare in modo diverso la stessa situazione e la stessa comunicazione, in ragione del fatto che codifica e decodifica implicano un processo di selezione, organizzazione ed interpretazione dei segnali. Gli individui che comunicano appartengono quindi a contesti multipli e le relazioni che essi stabiliscono sono condizionate sia dal contesto nel qui ed ora dell’interazione, che dalle relazioni tra i diversi contesti di appartenenza. La comunicazione non può più essere considerata come la semplice addizione tra emittente e ricevente, ma si attua con la compenetrazione di sistemi più ampi e di sottosistemi, che durante l’interazione incidono in maniera dirompente sulla sua evoluzione. Durante una semplice conversazione, ad esempio, potrebbe essere l’influenza della cultura, della posizione sociale, dell’appartenenza al proprio contesto familiare, ad influire sull’esito dei processi di codifica e di decodifica del messaggio.
La comunicazione è comunque frutto delle trasformazioni che si generano all’interno delle relazioni tra gli elementi che compongono il sistema; dunque, nasce e si sviluppa, nel segno delle differenze e del cambiamento, in un insieme di messaggi che acquisiscono un chiaro significato solamente se collocate nel loro specifico contesto relazionale e ambientale. All’interno di qualsiasi sistema interpersonale, come una coppia, una famiglia, un gruppo di lavoro, ogni persona influenza le altre con il proprio comportamento ed è al contempo influenzata dal comportamento altrui.
La comunicazione nel sistema famiglia
La comunicazione, quindi, per verificarsi necessita che si instauri un tipo di relazione tra i membri. Nel sistema famiglia è possibile individuare le dinamiche relazionali caratteristiche di ogni tipo di comunicazione.
Nello studio della famiglia si distinguono due prospettive teoriche: la prima strettamente psicologica nella quale l’individuo è il centro della realtà familiare, ed è preso in considerazione come singola persona; la seconda linea teorica, si basa invece sulla metafora dei sistemi, secondo cui ogni membro influenza ed è influenzato da ogni altro membro della famiglia, e nella quale il comportamento della famiglia emerge come totalità. In questa teoria, dove per sistema si intende un complesso di componenti in interazione reciproca, è possibile distinguere dei sistemi chiusi, isolati dall’esterno, e sistemi aperti, in comunicazione continua con l’ambiente. Caratteristica importante del sistema aperto è la totalità, il fatto che ciascuna parte del sistema sia in rapporto con le altre, che ogni cambiamento, di questa, causi cambiamento in tutte le parti e in tutto il sistema. La famiglia può essere vista come un sistema aperto in costante trasformazione, un organismo complesso che si modifica nel tempo per assicurare continuità e crescita ai membri che lo compongono; quel sistema di relazioni fondamentalmente affettive in cui l’essere umano permane per lungo tempo, durante le sue fasi evolutive cruciali, quali il periodo neo-natale, l’infanzia e l’adolescenza.
Riprendendo il modello proposto da Giorgio Nardone (Nardone et. al., 2001) nel suo libro “Modelli di famiglia.” le ridondanze comportamentali e comunicative nell’interazione fra genitori e figli possono essere ricondotte a diversi modelli di relazioni familiari:
– Iperprotettivo: i genitori si sostituiscono ai figli considerati fragili e impediscono loro di crescere. Una famiglia sempre più piccola, chiusa e protettiva, nella quale gli adulti si sostituiscono ai giovani rendendo loro la vita più facile, cercando di eliminare tutte le difficoltà, fino ad arrivare a fare le cose al posto loro. Questo modello si caratterizza per l’uso di parole e di gesti che enfatizzano la dolcezza, l’accoglienza, il calore, la protezione e l’amore. La modalità non verbale più significativa è il pronto soccorso, cioè l’intervento immediato dell’adulto ad ogni minima difficoltà del figlio. Oggetto della comunicazione sono la preoccupazione per la salute fisica, l’alimentazione, l’aspetto estetico, i successi/insuccessi scolastici. La relazione è di tipo complementare, con i genitori in posizione up e il figlio in posizione down. In tale situazione di comodità i figli finiscono per arrendersi senza combattere, abdicando al pieno controllo sulla loro vita e affidandola sempre più ai genitori. Nella maggior parte dei casi questi tipi di famiglia si rivolgono agli esperti perché, soprattutto durante l’infanzia, i figli presentano problemi comportamentali come incertezza, insicurezza e distima, che i genitori, consapevoli dell’amore, dell’affetto che hanno dato, non riescono a spiegarsi, e risulta difficile in questi casi, per l’esperto, far capire che la fonte del disagio si trovi proprio nel troppo amore. Da recenti osservazioni, è emerso invece, che il troppo amore, l’accettare senza condizioni qualsiasi comportamento e soprattutto quelli che testimoniano qualche debolezza, si trasforma in compassione che rinforza un disturbo piuttosto che combatterlo.
– Democratico-permissivo: i genitori sono amici dei figli, c’è assenza di autorevolezza e di gerarchie. Già nel momento in cui si forma la coppia si prevedono ampi margini di libertà per la coppia, basata su un sistema di parità economica e sociale. La relazione di coppia tende ad una alternanza flessibile di interazioni complementari a seconda degli ambiti di competenza e delle situazioni. Quando si arriva ad una situazione di escalation simmetrica, come un conflitto, un litigio, l’accordo viene ricercato ad ogni costo in nome dell’armonia. Solitamente si arrende chi possiede una minore abilità comunicativa, chi è meno proteso all’affermazione di sé e chi teme maggiormente l’insorgenza dell’aggressività. Nel momento in cui la famiglia si allarga con la nascita di un figlio, sono questi ultimi a diventare dominanti. Questo tipo di modello non prevede delle regole imposte con fermezza e decisione, ma si possono solo enunciare, spiegare ed argomentare con dolcezza. Tutto ciò comporta che in questo modello si viva in una costante fluttuazione e trasformazione delle regole.
– Modello sacrificante: i genitori si sacrificano costantemente per dare il massimo ai figli, aspettandosi che i figli attuino lo stesso comportamento, ma essi a volte li imitano, a volte si mostrano ignoranti. La coppia si assesta quindi su una relazione complementare con un’ apparente posizione di inferiorità del componente che si sacrifica, e di superiorità di colui che usufruisce dei benefici derivanti. Inizia così una competizione a chi si sacrifica di più ed ogni occasione diventa motivo di rinuncia a vivere un piacere presente. In queste famiglie il contenuto del discorso gira intorno all’idea centrale che il dovere dei genitori è quello del sacrificio. Il piacere più grande è il piacere dei figli, del coniuge. Di solito i figli tentano di far accettare ai genitori la loro visione diversa del mondo e della vita e li esortano a uscire, a viaggiare.
– Modello intermittente: genitori incerti e disorientati, oscillano da un modello all’altro sentendosi sempre più inadeguati a fronteggiare le sfide educative. In questo modello la relazione tra genitori e figli è sempre in cambiamento, ovvero i comportamenti reciproci, invece di essere coerenti rispetto ad un modello, è connotata da un’ambivalenza costante. Il genitore può alternare posizioni iperprotettive seguite da atteggiamenti democratico-permissive, per poi assumere il ruolo sacrificale, senza apparenti chiare motivazioni per tali cambiamenti. Nelle interazioni quotidiane i genitori possono passare da posizioni rigide a posizioni morbide, da posizioni valorizzanti a posizioni squalificanti nei confronti dei figli. I figli, dall’altro canto, inviano messaggi contraddittori ai genitori, in alcune occasioni ubbidienti e collaborativi, in altre ribelli e oppositivi. Questa è una tipica condizione che si osserva quando genitori e figli manifestano un’incapacità a mantenere una posizione determinata, incapacità tipica delle persone che sottopongono se stesse e gli altri a una continua revisione critica.
– Modello delegante: i genitori delegano ad altri, nonni, insegnanti, il loro ruolo di guida e non sono un valido punto di riferimento. Modello che nasce quando la coppia non sviluppa un sistema di vita autonomo, in un clima di piena libertà, ma si inserisce in un contesto di relazioni familiari già strutturato come la famiglia di origine di uno dei due coniugi. Nella cura dei nipoti i nonni seguiranno i loro metodi, i loro presupposti educativi, e nonostante gli sforzi dei genitori di proporre nuovi orientamenti, continueranno a prevalere le tradizioni e le abitudini. In questo contesto di forte competizione, il figlio/nipote imparerà ad interpretare le situazioni e a rivolgersi a colui che dirà più facilmente di si. Questa via, che permetterà la soddisfazione di ogni desiderio, non sarà di aiuto nella formazione di regole per orientare i figli, alimentando disorientamento e senso di onnipotenza. Nelle modalità comunicative spesso i gesti, le espressioni del volto, il tono della voce contraddicono quanto viene affermato con le parole; il disaccordo viene veicolato con espressioni del volto, gesti di rassegnazione, occhi al cielo; spesso possono comparire, in ogni membro del sistema, tentativi di celare eventi, idee, sentimenti con mutismi e bugie.
– Modello autoritario: i genitori esercitano il potere in modo deciso e rigido per mostrare che vince il più forte. Si sviluppa in quelle famiglie nelle quali i genitori sono inseriti in contesti sociali e lavorativi caratterizzati da una gerarchia molto rigida che si tenta di riproporre in famiglia. I figli devono accettare i dettami dei genitori, vengono scoraggiati nel seguire le mode, i divertimenti del momento e incoraggiati allo studio. In queste famiglie si tende a parlare poco e nelle occasioni ufficiali, pranzi, cene, gli argomenti sono relativi all’educazione, alle previsioni per il futuro, divieti e proibizioni.
I cambiamenti strutturali e culturali degli ultimi anni hanno portato ad un prolungamento dei figli, oltre la prima giovinezza, in famiglia, condizione che ha visto, la diffusione di un modello familiare di tipo iperprotettivo. Cambiamento strutturale perché evidenzia delle tendenze dell’odierna società post-industriale, esigenze largamente condivise, collettive, diffuse e generalizzabili per situazioni tipiche. Mutamento culturale in quanto vi sono nuovi valori, norme di comportamento, regole di scambio, nuove dinamiche psicologiche e nuovi stili di vita suscettibili di diventare modelli culturali condivisi.
Il giovane adulto che ancora vive nella famiglia di origine, è economicamente instabile, e, seguendo il modello iperprotettivo, dipendente dalla famiglia; è quindi colui che ritarda il matrimonio, che in Italia è visto come il momento in cui i giovani si staccano dalla propria famiglia, e rimangono a casa per avere una maggiore formazione culturale, avere la possibilità di scegliere il proprio lavoro in base agli studi fatti, e la comodità di avere i genitori che portano avanti la gestione famigliare ed economica.
In questo tipo di nuovo sistema familiare si creano delle peculiari modalità di comunicazioni, infatti in un modello iperprotettivo in cui prevale un modello di comunicazione complementare, con i genitori in posizione up e il figlio in posizione down, è possibile il verificarsi di un capovolgimento della relazione. I figli ormai maturi e cresciuti, nonostante decidano, per scelta o per motivazioni più ampie, di convivere con i genitori, possono assumere un atteggiamento di ribellione verso la loro posizione di inferiorità, a seconda delle situazioni si ribellano alla forte protezione e cura dei genitori. Si crea così una condizione in cui i diversi membri del sistema assumono, in condizioni e modalità differente, a volte la posizione di UP e a volte la posizione DOWN. La comunicazione può diventare più dura, assumere toni più aspri rispetto al passato, periodo in cui i figli accoglievano senza alcuna resistenza le scelte dei genitori che operavano sempre per il loro bene. È facile che in questo nuovo tipo di relazione appaiano i primi sintomi di incomprensione e la necessità di rivolgersi ad un esperto per tentare una soluzione ai nuovi problemi. In una famiglia prolungata è difficile continuare a rispettare le norme, le regole e le interazioni che hanno caratterizzato il rapporto genitori-adolescenti. In questa nuova fase persone adulte, con una propria personalità, un proprio backgroud personale e culturale, con esigenze diverse, si trovano a dover interagire e seguire delle regole proprie di un sistema familiare differente. Si crea la necessità di riformulare le norme, le regole, gli spazi tra i membri, di utilizzare una comunicazione tra adulti, di reimpostare il modello comunicativo prevalente. Da una situazione di complementarietà genitori-figli si può passare ad un modello di tipo simmetrico, in cui ogni membro del sistema tende a mettere in atto un comportamento che rispecchi il comportamento dell’altro.
Fonte: QUALE Psicologia, 2006, 28, Tratto da “Comunicazione in famiglia”, Verrastro V., Ferrigno D.
Nardone, G., Giannotti, E., Rocchi, R., 2001, Modelli di famiglia, Milano, Ponte alle Grazie.
Scabini, E., Rossi, G., 1997, Giovani in famiglia tra autonomia e nuove dipendenze, Milano, Vita e Pensiero.
Watzlawick, P., Beavin, J., Jackson, D., 1971, La pragmatica della comunicazione umana, Roma, Astrolabio Editore.