Così come era avvenuto anni prima per la radio, l’avvento del mezzo televisivo fu seguito con enorme interesse dalla comunità scientifica; un interesse giustificato dalla consapevolezza che, quello in atto, era un momento rivoluzionario, tanto da un punto di vista tecnologico, quanto da un punto di vista sociale e culturale.
Tuttora, studiosi e scienziati sociali concentrano la loro attenzione, i loro interessi scientifici, non solo, ed essenzialmente, sul mezzo televisivo in quanto emittente, ma anche sul messaggio da esso veicolato, e quindi sulle modalità di ricezione da parte del pubblico (gli effetti).
Nell’ambito di tali studi, innumerevoli sono state le ricerche condotte sul rapporto tra i giovani e la televisione, dato che quest’ultimo è stato, ed è ancora, oggetto di valutazioni ed analisi molteplici, spesso tra loro contrastanti, ma tuttavia riconducibili a due punti di vista contrapposti.
Secondo il primo punto di vista, la televisione è diseducativa, è una cattiva maestra che sollecita ed incita comportamenti violenti, negativi e devianti; distrugge i rapporti sociali, annulla o riduce l’espressione delle più alte forme culturali (Losito, 1994). Autori come Rosenkotter, Huston e Wright (1990), sulla base delle loro ricerche, hanno affermato che gli effetti negativi di consumi televisivi elevati, per quanto riguarda specificatamente lo sviluppo etico-sociale, sono riconducibili, da un lato, alla ipersemplificazione della realtà sociale, alla superficialità e alla sommarietà con cui vengono presentate in molti programmi televisivi problematiche di tipo etico, ma, da un altro lato, al fatto che la televisione, quando è presente in modo troppo invasivo nella famiglia, toglie spazio agli scambi verbali e ai processi di comunicazione intrafamigliari, che si sono dimostrati di grande rilevanza ai fini della maturazione delle capacità di giudizio morale dei bambini e degli adolescenti (cit. in Varin,1997).
Si possono aggiungere, tuttavia, anche altre forme indesiderabili di influenza della televisione sullo sviluppo sociale, come per esempio, la rappresentazione deformata della povertà e della ricchezza, la rappresentazione di una società dove è giusto pretendere tutto e subito, la rappresentazione di messaggi che incoraggiano la trasgressione (Varin,1997).
Il secondo punto di vista, sostanzialmente ottimista, afferma, invece, che la televisione, quale mezzo di comunicazione di massa, contribuirebbe ad una democratizzazione politica, culturale e sociale del pubblico, "proponendo a tutti le stesse informazioni, le stesse opportunità di intrattenimento e di evasione, le stesse sollecitazioni culturali" (Losito, 1994); sebbene ciò possa comportare la trasmissione di messaggi semplificati e stereotipati, è, comunque, una possibilità per estesi segmenti di pubblico di entrare in contatto con realtà altrimenti irraggiungibili. Le due posizioni, qui illustrate, per quanto contrapposte, ritraggono il potere dei media come illimitato. Secondo tale ottica, i fruitori sono considerati entità indifferenziate e di fatto passive su cui poter esercitare un’influenza diretta, senza alcuna mediazione di variabili individuali e sociali. Quest’ultimi fattori, vengono, così, presi in considerazione in una terza posizione che si rivela più attenta alla situazione sociale e culturale in cui la televisione e il pubblico consumano il loro rapporto. Non si condanna la Tv come unica responsabile di effetti negativi, ma si analizzano i fattori individuali e sociali che intervengono a mediare l’influenza della televisione stessa, nell’ambito delle dinamiche complesse che caratterizzano i processi di socializzazione (Losito, 1994).
Infatti, i fattori che incidono sullo sviluppo sociale dell’adolescente non possono essere compresi, se non all’interno di un sistema dinamico di variabili che interagiscono fra loro; oltre alla quantità e alla qualità della fruizione televisiva e alla natura del messaggio, importanti sono le caratteristiche e le dinamiche della famiglia, l’interazione con il gruppo dei compagni, il contesto socio-culturale più esteso, le caratteristiche della specifica personalità del giovane.
E’, quindi, nel sistema di queste variabili che la televisione esercita le sue influenze sulle rappresentazioni della realtà sociale, sui sistemi di valori, sulle valutazioni etiche, sull’acquisizione di modelli comportamentali da parte dell’adolescente (Varin, 1997).
Può essere utile, a questo punto, citare la ricerca condotta da Varin, il cui obiettivo è stato indagare le relazioni fra il consumo televisivo (in termini più che altro quantitativi) ed una serie di caratteristiche psicologico-sociali degli adolescenti; fra queste, alcuni orientamenti di valori, disposizioni nei confronti di alcune trasgressioni, ma soprattutto i meccanismi di disimpegno morale, dovuti a quei fattori di giustificazione e di deresponsabilizzazione personale.
Dalla ricerca si riscontra, in sintesi, un rapporto tra adolescenti e televisione caratterizzato da un consumo elevato e diffuso, soprattutto tardo pomeridiano e serale, ma comunque autonomo, poco mediato dalle figure parentali.
In particolare, emergono determinati sistemi di valori, come l’orientamento edonistico, la valorizzazione della famiglia, la competizione, l’affermazione personale sul piano fisico e sessuale.
Inoltre, i dati sembrano indicare che chi consuma più televisione ha maggiore possibilità di riconoscersi in valori edonistici e narcisistici, di affermazione personale.
Per quanto riguarda i meccanismi di disimpegno morale, si è visto come le ipotesi circa l’esistenza di effetti significativi della quantità di consumo siano state nel complesso sostenute dai risultati, anche se le influenze dirette non appaiono di entità elevata.
Tuttavia, è importante rilevare come il loro operare in sinergia con altri fattori, di ordine socio-culturale e legati a specifiche differenze individuali, possa risultare incisivo, specie per certi soggetti nel corso del loro sviluppo.
Quindi, si potrebbe pensare che le relazioni fra consumo televisivo, valori edonistici e disimpegno morale possano essere spiegate da qualche altro fattore latente, come per esempio variabili di personalità, che operano in sinergia con fattori socio-culturali, per cui i soggetti che tendono ad assumere valori edonistici sono anche più portati ad  avere un elevata fruizione e a sviluppare maggiormente i meccanismi di disimpegno morale.
Anche in un’ultima revisione della Teoria della Coltivazione, formulata da George Gerbner negli Stati Uniti d’America a cavallo degli anni sessanta/settanta, in occasione di una diffusa preoccupazione a livello nazionale per gli effetti dei contenuti televisivi violenti sui fruitori, è stata individuata una relazione tra i suddetti fattori, quelli personali e socio-culturali appunto, e gli effetti della "coltivazione"  (Cohen, Weimann,2000). Secondo Gerbner e collaboratori, la realtà mediata dalla televisione, e in particolare dalla fiction, avrebbe la capacità di influenzare le credenze di coloro che vi si espongono per lunghi periodi di tempo. In quest’ottica sono stati analizzati gli effetti del mezzo televisivo circa i processi di costruzione sociale del sapere comune, dei pregiudizi, degli stereotipi, in base all’ipotesi secondo cui la trasmissione e l’ eventuale accettazione delle immagini da essa proposte sono frutto di un processo di "coltivazione" a lungo tempo, cumulativo, e non-intenzionale (Losito,1994).
Quindi, alla luce della suddetta teoria, una consistente esposizione alle rappresentazioni di realtà della televisione può provocare delle percezioni della realtà stessa molto differenti da come essa è e da quelle di fruitori meno assidui (DeFleur, et al.,1995).
Altre variabili significative interagiscono con tali effetti, quali il sesso, l’età, la comunità sociale in cui i fruitori televisivi sono inseriti, nonché la preferenza di certi generi Tv (Cohen, 2000), le motivazioni, gli stili cognitivi, e le strategie di informazione, come emerge da studi più recenti (Gerbner, et al., 1994 cit. in Tan, Nelson, Dong & Tan, 1997).
Anche l’esperienza, tratta dalla vita reale, risulta un’importante variabile interagente.
Così, i comportamenti e le credenze personali non vengono unicamente modellati dalla televisione, ma anche dall’esperienza diretta, relativa ad ogni singolo individuo.
In tal senso, differenti esperienze di vita reale, la cui formazione è determinata dalla comunità sociale in cui un soggetto vive e dalla posizione di questo nella società stessa, in termini di età e sesso anagrafico, comportano differenti percezioni della realtà.
In una ricerca sui giovani israeliani è stato trovato che i loro comportamenti e le loro credenze variano sia in funzione dei diversi gruppi sociali di appartenenza, e conseguentemente delle differenti esperienze di vita reale, sia in funzione della loro modalità di fruizione televisiva (Cohen et al., 2000). Si afferma, ancora una volta, l’importanza delle variabili individuali e sociali nel rapporto tra fruizione e televisione.
A riguardo, Morgan e Shanahan (1997) affermano che "le forze che modellano le nostre credenze sono molte e varie; la televisione è solo una" (Morgan, Shanahan,1997, p. 33 cit. in Cohen et altri, 2000).
Quindi, gli adolescenti utilizzano la televisione in interazione con molte altre attività sociali, costruiscono i significati dei testi televisivi attraverso conversazioni con gli amici sui loro programmi preferiti.
A questo proposito, Pauline Griffiths (1997) ha sviluppato il concetto della "Viewing Culture" che consiste in una combinazione di influenze sociali le quali contribuiscono alla formazione del contesto in cui avviene la visione della televisione; esso comprende l’interazione con i genitori, le relazioni tra i pari, le caratteristiche dello sviluppo adolescenziale, e costituisce il filtro dell’impatto televisivo. Risulta chiaro, dalla sua ricerca sugli adolescenti di Canberra (1997), che questi non assimilano uniformemente il messaggio veicolato dal mezzo televisivo; piuttosto, gli ingredienti dinamici della Viewing Culture influiscono in modi differenti ed unici per ciascun spettatore.

Cohen, J., Weimann, G. (2000). Cultivation revisited: Some genres have some effects on some viewers. Communication Reports, 13, 99-114.
Losito, G. (1994). Il potere dei media. Roma, La Nuova Italia Scientifica.
Tan, A., Leigh, N., Dong, Q., Tan, G. (1997). Value acceptance in adolescent socialization: A test of a cognitive-functional theory of television effects. Communication Monographs, 64, 82-97.