Le Olimpiadi di Pechino stanno per aprire i battenti. La kermesse sportiva per eccellenza dopo 4 anni di attesa è alle porte e tutti gli appassionati saranno in prima linea per non perdersi un avvenimento di tale portata. Quale migliore occasione per avvicinare i propri figli alla disciplina sportiva? Alzi la mano il genitore che non si è mai sentito rivolgere dal pediatra di fiducia la più classica delle raccomandazioni: “gli faccia praticare un po’ di sport”! Il binomio bambini e sport è ormai diventato indissolubile per una vita sana e uno sviluppo psicofisico corretto. Una delle preoccupazioni più sentite dai genitori è certamente la scelta dello sport più adatto per i propri figli. Tra i vari benefici di un’ attività sportiva c’è, soprattutto per gli sport di squadra,una maggiore possibilità di socializzazione e condivisione. Ma esiste un legame tra sport, capacità di socializzazione e autostima? Secondo una ricerca pubblicata dal “Journal of Sport Behaviour”, la solitudine di bambini in età scolare potrebbe essere legata alle loro abilità sportive. Lo studio, effettuato su circa 200 bambini tra i 4 e i 6 anni, ha dimostrato che i ragazzini più popolari e benvoluti sono quelli che hanno corporatura atletica e una naturale predisposizione allo sport mentre i bambini più gracili e con scarsa attitudine all’attività fisica sono più introversi e manifestano atteggiamenti di solitudine, bassa autostima e senso di esclusione. La conclusione è stata che praticare uno sport sia uno strumento di socializzazione. Tuttavia, la situazione può essere anche vista secondo un’altra ottica invertendo il rapporto di causa-effetto: i bambini estroversi, che legano senza difficoltà e hanno tanti amici sono anche quelli con più autostima e di conseguenza più predisposti a mettersi in gioco con lo sport perché in grado di tollerare una frustrazione relativa ad una sconfitta. Lo sport porta ad indiscussi benefici psicofisici ma non sempre è la “medicina” per guarire dalla timidezza. Imperativo è il fatto che il bambino si diverta nel fare quello che fa, vivendo serenamente l’esperienza sportiva senza essere gravato da aspettative esagerate che possono trasformare l’energia positiva in ansia, frustrazione e rifiuto.
Fonte: Corriere.it